DL: Cosa è per lei la fotografia di architettura? Come è iniziato il suo percorso come fotografo di architettura?
PS: Il mio percorso inizia sui banchi di scuola, all’università, durante gli studi di architettura, ma sono appassionato di fotografia sin da bambino. Il passaggio dagli studi di architettura alla fotografia è stato graduale ma è stato come se stessi parlando la stessa lingua. In questo periodo ho fotografato sia progetti di architettura che still life e ho iniziato ad interessarmi al paesaggio urbano dalla scala della città a quella dell’edificio. La mia fortuna è stata quella di conoscere l’architetto Marco Casamonti con il quale ho lavorato tanto e in maniera sempre più continuativa. Ho lavorato molto presto per la rivista Area e questo mi ha permesso di entrare in contatto con grandi firme dell’architettura internazionale. Il mio interesse come fotografo riguarda anche il disegno e il processo industriale, soprattutto quegli oggetti che sono
connessi all’architettura o che la completano, tra cui l’illuminazione. Nella fotografia di architettura essa ha un duplice ruolo: introdurre e far vedere l’architettura e costituire un oggetto di design che è parte del progetto stesso. Questa passione mi ha permesso di lavorare con parecchie aziende che si occupano di illuminazione e di conseguenza di creare rapporti e contatti con designers che pongono l’illuminazione al centro dei loro progetti.
DL: Per raccontare un progetto di architettura attraverso la fotografia, ritiene che sia utile confrontarsi con gli architetti per capire meglio le loro scelte progettuali?
PS: Questa è una domanda che mi pongo sempre, la risposta varia da fotografo a fotografo. Ci sono due questioni importanti: la prima è la comprensione del progetto, un principio conoscitivo che fa parte della cultura dell’architettura, quindi conoscere il pensiero dell’architetto e la sua filosofia; la seconda è la sua rappresentazione da parte del fotografo, la capacità di lettura di quel progetto di architettura, il modo di rappresentarla. Spesso le capacità di conoscere e di rappresentare entrano in conflitto poiché la rappresentazione può essere immediata, rapida, istintiva, ma con un quadro di conoscenza più ampio ci può essere una variazione di atteggiamento e quindi un cambio di rappresentazione. Sta al fotografo scegliere se farsi influenzare dal progettista e dal progetto o se dare più importanza alle proprie sensazioni. Io sono abbastanza istintivo e non ho bisogno di farmi condizionare e ciò che conta è la mia prima impressione, anche se mi fa piacere conoscere le scelte del progettista e alimentare la mia cultura e conoscenza del progetto, un piacere intellettuale che però non è detto migliori la mia capacità di rappresentare quello spazio.
DL: Quando un fotografo realizza un racconto per immagini traduce la sua esperienza spaziale in fotografia: il fruitore di tali immagini può fare propria l’architettura attraverso gli occhi del fotografo?
PS: La responsabilità del fotografo è enorme. Prova ad andare a visitare un’architettura che hai visto su una rivista: non si parla di migliore o peggiore, di bella o brutta, ma è sicuramente differente. Su una rivista o sul web tu vedi il contributo che ha dato quel fotografo a rendere fruibile quell’architettura ma non è assolutamente un contributo oggettivo. E’ molto soggettivo. Personalmente non mi sento di dare un giudizio sul modo di rappresentare un’architettura: andrebbe rappresentata in
un modo più razionale e oggettivo possibile, ma questo non produce sempre il risultato migliore. C’è sempre una scelta e una lettura del fotografo. Lettura e rappresentazione sono passi di un processo che implicano una modifica dell’oggetto reale per trasferirlo sulla carta. La fotografia, inoltre, può essere rappresentativa o iconica, ma sono comunque due aspetti che portano alla conoscenza dell’edificio e dell’architettura.
DL: Ha dei consigli da dare a chi vuole fare il fotografo di architettura?
PS: Viaggiare, ampliare lo sguardo e stampare le fotografie. A volte sullo schermo di un computer diamo attenzione a fattori che in realtà sono secondari nella stampa, è come leggere due libri invece che uno solo.
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PIETRO SAVORELLI
Fotografo e architetto, le sue opere sintetizzano le esperienze costruttive negli spazi delle città. Lavora per le più importanti riviste europee di design e per i grandi maestri dell’architettura contemporanea. Nelle sue opere si percepisce l’attenzione verso il disegno urbano delle grandi metropoli d’oriente e d’occidente.
Estratto dalla Tesi di Laurea
“Raccontare il progetto di architettura attraverso la fotografia: lo showroom Luce di Carrara”.
Anno: 2021.
Fotografia: Nuovo teatro in Montalto di Castro | MDU Architetti © Pietro Savorelli